I sostenitori dell’ex presidente americano Barack Obama da nove mesi aspettavano questo momento. Da quando a gennaio aveva consegnato le chiavi della Casa Bianca al successore repubblicano Donald Trump, il democratico non era tornato appieno sulla scena politica. Ha rotto il silenzio giovedì 19 ottobre, in due incontri di campagna elettorale di candidati governatori del suo partito, e lo ha fatto criticando (senza fare il suo nome) le politiche “divisive” del magnate che ha preso il suo posto alla guida del Paese.
Solo poche ore prima, da un palco di New York critiche sulla stessa linea erano state lanciate al tycoon dall’ex presidente George W Bush. Anche lui ha parlato senza mai pronunciare il nome di Trump, bocciando “la prepotenza e il pregiudizio” nella vita pubblica. Assordanti applausi hanno accolto le parole di Obama ai comizi in New Jersey e Virginia. “Parte della politica cui assistiamo, pensavamo fosse diventata cosa del passato. Voglio dire, questa sembra gente di cinquant’anni fa. È il 21esimo secolo, non il 19esimo”, ha affermato dal podio a Newark, citato dai media internazionali. Ha aggiunto: gli americani “dovrebbero mandare un messaggio al mondo, dicendo che stiamo respingendo la politica della paura”.
In New Jersey, Obama ha sostenuto il candidato Phil Murphy, che il prossimo 7 novembre tenterà di sottrarre ai repubblicani la guida dello Stato, per sconfiggere l’attuale vice governatrice Kim Guadagno (l’attuale governatore, Chris Christie, non può correre per un terzo mandato). In Virginia, dove subito dopo ha parlato a Richmond, il primo presidente nero della storia americana ha aggiunto: “Stanno tentando deliberatamente di rendere la gente arrabbiata, di demonizzare le persone che hanno idee diverse, di mantenere irritata la base perché questo comporta un vantaggio tattico di breve termine”.
Obama appoggia Ralph Northam, attuale vicegovernatore democratico dello Stato, che corre contro il repubblicano Ed Gillespie, consigliere dell’ex presidente George W. Bush. Con le elezioni nei due Stati, il partito democratico spera di ribaltare la tendenza elettorale a esso sfavorevole, che l’ha lasciato fuori dalla Casa Bianca, senza controllo del Senato e della Camera, e con ridotto potere negli Stati.
Al Lincoln Center di New York, Bush ha usato lo stesso ‘stile’ di Obama per criticare il successore repubblicano. Non ne ha mai pronunciato il nome, ma è stato lampante a chi si riferissero le sue parole. “Il fanatismo sembra rafforzato. La nostra politica appare più vulnerabile alle teorie cospirazioniste e alle montature. Ci sono segnali che il sostegno alla democrazia sia tramontato, soprattutto tra i giovani”, ha detto l’ex presidente.
“A volte sembra che le forze che ci dividono siano più forti di quelle che ci uniscono”, abbiamo “dimenticato il dinamismo che l’immigrazione da sempre ha portato all’America”, ha detto ancora. Sia Bush, sia Obama, sinora erano stati in disparte e si erano quasi sempre astenuti dal commentare pubblicamente le politiche di Trump. Questi invece, in passato, aveva criticato entrambi duramente, descrivendoli a turno come “il peggior presidente della storia” americana. Secondo il New York Times, quando dopo il discorso i giornalisti hanno domandato a Bush se ritenesse che il suo messaggio avrebbe raggiunto la Casa Bianca, il repubblicano non ha più fatto segreto del suo pensiero: ha sorriso, annuito, e ha affermato “Penso di sì”.