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Usa 2016, voce de ‘I Simpson’: Trump? Come Krusty il clown

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Se Donald Trump può essere paragonato a Krusty il clown “per il suo narcisismo”, Barack Obama saluta la Casa Bianca senza essere davvero stato “l’uomo del cambiamento”. A tre settimane dal fatidico voto negli Stati Uniti che deciderà il nuovo presidente tra il magnate repubblicano e Hillary Clinton è l’attore e storico doppiatore statunitense del cartoon ‘I Simpson’, Harry Shearer, a tracciare con ironia e senza peli sulla lingua le dinamiche a stelle a strisce. “Io lavoro come comico, faccio satira, non ho nessun favorito. Quello che ho detto all’inizio della campagna è che Trump mi sembra un politico che può portare l’America in guerra per sbaglio, Hillary invece lo farebbe di proposito. La scelta sta a noi”, esordisce l’attore 73enne parlando a LaPresse durante una sua visita a Torino per seguire il tour della moglie, la cantante Judith Owen.

Il creatore dei Simpson Matt Groening diversi anni fa aveva ipotizzato, in una puntata, Donald Trump presidente degli Usa. Lei immagina uno scenario simile?

Io credo che nessuno immaginasse un futuro come questo. Penso che fosse un mondo immaginario con Trump candidato, ma tutto si basa sul fatto che lui per anni ha ipnotizzato i tabloid di New York, esattamente come fa Kim Kardashian ora. E ciò è successo anche nella prima fase della sua campagna, mentre nella seconda fase è diventato il suo stesso problema. Nessuno parlava di Hillary, tutto ruotava attorno alle cose negative che lui che aveva fatto in passato. E’ come se fosse rimasto intrappolato dalla sua stessa magia.

Lei è la voce storica del miliardario Montgomery Burns e del preside di Bart, Skinner. Per chi voterebbero secondo lei, viste le posizioni dei candidati su fisco e istruzione?

Burns è un repubblicano, voterebbe per Trump, anche se avrebbe qualche problema. Lo voterebbe tappandosi il naso, perché lui è un vero conservatore e Trump non lo è affatto, ma farebbe come tanti altri repubblicani del mondo reale. Skinner? Credo che sceglierebbe Clinton per via di sua madre, la mamma decide sempre per lui! (ride, ndr).

E’ possibile comparare Trump e Clinton a qualche personaggio dei Simpson?

Nella terza stagione Burns si candida come governatore, ma l’unico personaggio che in termini di caratteristiche può essere paragonato a Trump è Krusty il clown, che è narcisista quasi quanto il candidato repubblicano. Hillary? Io credo che Lisa (la sorella di Bart, ndr), se non sta attenta, crescendo possa diventare come lei.

Parlando del problema planetario dei migranti, le posizioni dei due candidati non sono molto chiare. Crede che la questione possa avere un effetto sui risultati elettorali?

Io credo che si debba analizzare la questione da un punto di vista più ampio. Ogni Paese occidentale sviluppato sta discutendo di questo problema e ogni Paese pensa che si tratti di un problema che riguarda solo quel Paese e nessun altro. Lo pensano i tedeschi dei turchi, lo pensano gli statunitensi dei sudamericani, e lo pensano gli inglesi di… beh, di chiunque altro! Si tratta in realtà del problema del Nord che ha i soldi e muove guerra contro il Sud. Io credo che il problema dell’immigrazione sia da ricondurre all’espressione ‘i polli che tornano nell’aia’, ovvero tutto torna da dove è iniziato. Il problema degli inglesi con l’immigrazione è iniziato con l’arrivo di persone dall’India, dal Pakistan, e questi sono tutti Paesi che prima erano stati colonizzati dal Regno Unito; la Francia ha iniziato ad avere problemi con gli algerini, anch’essi provenienti da un Paese che era stato colonizzato, etc. Questa è una storia molto lunga, e in più adesso stiamo vivendo un periodo difficile dal punto di vista economico e si cerca sempre qualcuno da incolpare ed è facile mettere nel mirino gli immigrati. E’ un dramma gigantesco quello che stiamo vivendo e i singoli politici in confronto sono davvero delle figure piccole, anche quelli americani.

Che eredità culturale lascia Obama e come giudica il suo doppio mandato?

Io penso che il suo grande contributo sia stato proprio dal punto di vista culturale. La curva della presidenza Obama ha raggiunto il suo picco il giorno della sua elezione: essere il primo presidente afroamericano è stato il suo più grande successo, però non ha dimostrato di essere la persona che diceva durante la campagna elettorale. Non è stato il grande agente di cambiamento, non è stato radicalmente o sostanzialmente diverso dai suoi predecessori democratici. Sotto un certo punto di vista non ha migliorato in maniera sostanziale la condizione economica degli afroamericani negli Stati Uniti. Io credo che lui sia stato troppo desideroso di ‘fare la storia’, facendo quello che i democratici avevano provato a fare per anni, cioè cambiare il sistema sanitario. Per il suo approccio timido la ripresa è stata più debole di quanto avrebbe potuto essere.

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