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Regeni, bufera su governo dopo caso Nyt. Famiglia andrà al Cairo

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Riflettori puntati sul caso Regeni. I genitori sono pronti a volare al Cairo, all’indomani delle rivelazioni pubblicate dal New York Times Magazine che parlano di “informazioni di intelligence esplosive dall’Egitto: prove del fatto che funzionari della sicurezza egiziana avevano rapito, torturato e ucciso”. Informazioni che sarebbero state girate al governo italiano e che hanno fatto esplodere la polemica politica sull’allora premier Matteo Renzi e su Paolo Gentiloni, al momento dei fatti ministro degli Esteri.

Claudio Regeni e Paola Deffendi ritengono di essere a “un passo dalla verità” e sostengono che sarebbe sufficiente “un po’ più di pressione sul governo egiziano” per fare chiarezza in modo definitivo. Per questo condannano la scelta del governo, comunicata alla vigilia di Ferragosto, di far tornare al Cairo l’ambasciatore italiano – richiamato a Roma dopo l’omicidio del ricercatore – riconoscendo di fatto la cooperazione egiziana sul fronte giudiziario e riallacciando rapporti importanti tanto per l’economia quanto per il dossier migratorio. “Siamo contrari all’invio dell’ambasciatore al Cairo, rappresentava la nostra unica arma. Abbiamo ben tre nomi di ufficiali egiziani che sono stati sicuramente coinvolti nelle operazioni che hanno visto la tragica sorte di Giulio”, annunciano. E chiedono una “scorta mediatica” per quando andranno al Cairo il 3 ottobre o prima. Appello subito raccolto dalla federazione della stampa italiana Fnsi.

Intanto, dopo le proteste che da più parti si sono riversate sull’esecutivo, il padre di Giulio ribadisce la sua fiducia nella “nostra procura di Roma, nei carabinieri e nelle forze speciali”. Secondo il magazine del Nyt, “su raccomandazione del dipartimento di Stato e della Casa Bianca, gli Stati Uniti passarono queste conclusioni al governo Renzi”. Il corrispondente dall’Egitto, Declan Walsh, autore dell’articolo, cita come fonti tre ex funzionari dell’amministrazione Obama. “Avevamo prove incontrovertibili della responsabilità ufficiale egiziana, non c’era dubbio”, ha raccontato uno degli ex funzionari di Barack Obama. Ma, per evitare di identificare la fonte, gli americani non condivisero per intero le informazioni di intelligence né dissero all’Italia quale agenzia di sicurezza ritenevano fosse dietro alla morte di Regeni, spiega ancora il giornale. “Non era chiaro chi avesse dato l’ordine di rapire Giulio e, presumibilmente, ucciderlo”, ha detto al giornalista del Nyt un altro ex funzionario Usa.

Ieri sera, Palazzo Chigi ha reagito sottolineando “come nei contatti tra amministrazione Usa e governo italiano, avvenuti nei mesi successivi all’omicidio di Regeni, non furono mai trasmessi elementi di fatto, come ricorda tra l’altro lo stesso giornalista del New York Times, né tantomeno ‘prove esplosive'”. Dal governo, inoltre, si sottolinea “che la collaborazione con la Procura di Roma in tutti questi mesi è stata piena e completa”. Ma la bufera politica è ormai innescata. “Chiedo ufficialmente ai presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, di convocare le Camere affinché i diretti interessati vengano a riferire in aula. Vogliamo la verità e la vogliamo ora!”. L’annuncio di Alessandro Di Battista su Giulio Regeni risuona sul blog di Beppe Grillo. In particolare, si chiede “se la procura di Roma, che sta portando avanti le indagini, è stata messa al corrente dei fatti” e “cosa ha spinto a rimndare il nostro ambasciatore al Cairo”. “Che Renzi, Gentiloni, Minniti e Alfano fossero dei traditori della Patria non avevamo dubbi, ma questa volta hanno superato il limite – attacca il deputato pentastellato -. Non possiamo accettarlo”. Sulla stessa linea Sinistra italiana. In una lettera inviata alla presidente della Camera, Laura Boldrini, il capogruppo dei deputati di Sinistra Italiana-Possibile Giulio Marcon chiede un’informativa del Governo. Mentre Arturo Scotto di Articolo1-Mdp spinge per istituire una commissione di inchiesta, di cui c’è già una proposta depositata alla Camera. Di tutt’altro tenore la reazione del senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, secondo cui “non saranno le bugie ad orologeria di alcuni giornali americani a impedire la piena ripresa dei rapporti tra Italia ed Egitto”. Sulla questione si pronuncia anche il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani (anche lui di Forza Italia) che chiede all’Italia di non fare “marcia indietro” nella ricerca della verità e promette il sostegno dell’Europa. Quindi conclude: “Non capisco perchè l’Egitto non debba dire chi sono i responsabili e prendere le giuste sanzioni. L’omertà non aiuta”.

 

Regeni, dalla scomparsa al ritorno dell’ambasciatore: la cronologia

Ecco le tappe principali della vicenda Regeni, con alcuni dettagli dall’articolo del New York Times Magazine pubblicato ieri.

2 AGOSTO 2014. Il premier Matteo Renzi è il primo leader occidentale a visitare il Cairo ed incontrare il presidente Abdelfattah Al Sisi. L’Italia è uno dei partner europei più importanti per l’Egitto.

6 GENNAIO 2016. Il ricercatore italiano Giulio Regeni incontra il capo del sindacato dei venditori egiziani Mohammad Abdallah. Questi, una sua fonte per il lavoro che Regeni sta portando avanti per l’università di Cambridge. Più avanti, si verrà a sapere che Abdallah ha filmato questo incontro e ha denunciato l’italiano alla polizia.

25 GENNAIO 2016. Regeni viene avvistato per l’ultima volta vivo. È diretto a casa di amici, ma non si presenta. La magistratura egiziana si è impegnata a collaborare con una società per recuperare video della metropolitana che potrebbero mostrare chi ha incontrato il ricercatore italiano.

31 GENNAIO 2016. Dopo sei giorni di attesa, l’ambasciatore d’Italia in Egitto Maurizio Massari incontra il ministro degli Interni Magdi Abdel-Ghaffar, 40 anni. Gli chiede lumi sul giovane italiano scomparso. Il ministro risponde di non sapere nulla.

3 FEBBRAIO 2016. Una delegazione italiana composta da una trentina di imprenditori, guidata dall’allora ministra per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, si trova al Cairo e partecipa ad un ricevimento in ambasciata. Quella stessa sera, arriva la notizia del ritrovamento del corpo di Regeni (avvenuto in mattinata, nella zona di Hazzem Hassa, periferia ovest della capitale egiziana). L’ambasciatore sente Renzi e Gentiloni.

25 MARZO 2016. Dopo un raid della polizia contro un gruppo di persone indicate come criminali, gli effetti personali di Regeni vengono ritrovati a casa di uno di loro. Si capisce quasi subito che si tratta di una montatura preparata ad arte per cercare di sviare le indagini.

DICEMBRE 2016. La procura egiziana riconosce per la prima volta che fu il capo del sindacato dei venditori ambulanti egiziani, Mohammad Abdallah, ad aver denunciato Regeni.

15 MARZO 2017. La procura di Roma chiede verbali di interrogatori e atti dell’indagine che l’autorità giudiziaria egiziana ha raccolto tra mille false piste. Il procuratore Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco, che coordinano l’indagine italiana sul caso, chiedono eventuali dossier compilati dalla National security su Giulio, e videoregistrazioni oltre a quella, già nota, dell’incontro con il rappresentante del sindacato degli ambulanti che è stata diffusa a gennaio.

14 AGOSTO 2017. Nel pomeriggio, la procura di Roma ha diffuso una nota per riferire di un colloquio telefonico, tenutosi in mattinata, sulle indagini attorno alla morte di Regeni. Ad un capo del telefono c’era il procuratore generale della Repubblica araba d’Egitto, Nabil Ahmed Sadek. Dall’altra, il procuratore Giuseppe Pignatone che parla di “passi avanti”. Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, annuncia poco dopo il ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo, Giampaolo Cantini

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