La guerra dei quorum la vince nettamente il Veneto che, con quasi la totalità dei seggi chiusi (572 su 575) mette insieme una ragguardevole affluenza del 58%. I “sì” (come era prevedibile) raggiungono la quota “plebiscitaria” del 98,1%. La Lombardia, attardata forse dal voto elettronico è ancora ferma al dato delle 19: 31,8%. Tanto che, allo stato c’è un dato del tutto ipotetico sull’affluenza (che dovrebbe essere intorno al 40%) e un dato ufficiale sul risultato che dà il “Si” al 95,52%, il “No” al 3,72% con uno 0,7% di bianche. In Veneto, il governatore Luca Zaia aveva scelto la strada del quorum superiore al 50% per “validare” la consultazione e ce l’ha fatta abbondantemente. In Lombardia, il suo collega Roberto Maroni aveva rifiutato l’idea del quorum vincolante e aveva posto un obiettivo “politico” molto più “abbordabile”: superare il 34% del vecchio referendum del 2001. E’ probabile che ce la faccia e che si vada a collocare intorno al 40% di affluenza. Secondo l’assessore Fava, superare i 3 milioni sarebbe un grande successo, “un risultato impressionante”.
Zaia, il Veneto –
Il referendum per l’autonomia in Veneto ha ampiamenre superato il quorum con l’affluenza arrivata a oltre il 57,3%, registrata con i seggi chiusi. E i ‘si’ stravincono: con 4099 sezioni su 4739 scrutinate, si attestano al 98,1%. Grandissima soddisfazione e felicità per il governatore del Veneto Luca Zaia, che fino all’ultimo ha lanciato appelli ai veneti ad andare alle urne, via social e su Facebook . “Ho convocato la giunta regionale per domani mattina per il progetto di legge sull’autonomia. Sarà il nostro contratto da presentare al governo. Penso che con questa elezione si dimostri che non esiste il partito dell’autonomia, esistono i veneti che si esprimono a favore di questo concetto. Noi chiediamo tutte le 23 materie, e i nove decimi delle tasse”, annuncia a botta calda l’ex ministro dell’Agricoltura.
E poi il leghista Zaia in modo quasi liberatorio dice: “Vincono i veneti, il senso civico dei veneti del “paroni a casa nostra. Nell’alveo della Costituzione si possono fare le riforme. Il Veneto c’è, i veneti hanno risposto all’appello”. “Questa Regione da’ il via a un big bang di riforme istituzionali”, aggiunge Zaia. Per il presidente leghista della regione Veneto, l’effetto sarà “endemico e sarà endemico da nord a sud”. “Io mi sono concentrato sulla partita del Veneto – ha aggiunto -: è facile dire che in Veneto tutti vogliono l’autonomia, ma poi bisogna anche convincere i cittadini a uscire di casa e andare a votare. Sono convinto che tanti di quelli che non sono rimasti a casa magari sono per l’autonomia, ma non sono andati a votare”.
Il Pd Veneto chiede di avviare subito la trattativa con lo Stato definendo deleghe e mettendo al centro del dibattito le autonomie locali e le aree vaste. “Il risultato delle urne conferma che la maggioranza dei veneti è favorevole a un maggior grado di autonomia. Per questo motivo, il Partito Democratico ha assecondato la consultazione referendaria, pur consapevole che la Regione avrebbe potuto ottenere già da molti anni deleghe e competenze se solo avesse avviato una contrattazione seria con lo Stato senza buttare risorse pubbliche. Ora il presidente Zaia non ha più scuse”, afferma il segretario dem regionale Alessandro Bisato. Zaia, in conferenza stampa a Venezia, a palazzo Balbi, si è tolto anche qualche sassolino dalla scarpa. “Nelle ultime 48 ore – ha detto – ci arrivavano le fatture dal ministero, ma è storia passata. Il Veneto è disponibile al dialogo col governo e a diventare laboratorio dell’autonomia”, ha concluso il governatore.
Maroni, la Lombardia –
La soglia al 34% fissata da Maroni era stata giudicata prudenzialmente bassa per evitare il rischio di non superarla, ma il governatore lombardo insiste e rivendica il risultato dell’oltre 40% di affluenza. “Avevo posto come soglia – ambiziosa, considerato che la Lombardia non è come il Veneto, dove il senso di appartenenza per l’autonomia è molto più forte – la stessa del referendum costituzionale del 2001: con grande soddisfazione questa soglia l’abbiamo ampiamente superata”, rimarca, “non faccio la competizione con Luca Zaia, sono felice per il suo risultato, perché adesso possiamo unire le forze per fare la battaglia del secolo”.
Maroni dribbla le critiche, ringrazia i 3 milioni di lombardi che sono andati a votare, più del 95% di loro per il sì, e ostenta “grande soddisfazione per come siamo riusciti a gestire il voto elettronico, una novità assoluta”, che il governatore chiederà al ministro Minniti di adottare alle prossime elezioni. Alle polemiche per la diffusione dei dati sull’affluenza, con quelli delle 12 comunicati dopo le 17, l’affluenza definitiva delle 19 arrivata alle 22, molto dopo il Veneto, e il sito ad hoc predisposto dalla Regione non raggiungibile per parte della giornata, il governatore lombardo replica dicendo: “Abbiamo avuto criticità, non lo nascondo, dovute alla novità, ma la grande soddisfazione è che sono state risolte e il sistema ha funzionato, in piena sicurezza; i paventati attacchi hacker non ci sono stati. È il primo risultato storico; abbiamo sperimentato un sistema che potrà essere usato in futuro in Italia”.
Poi, Maroni lancia l’assist al governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che, invece di puntare sul referendum, ha avviato direttamente la trattativa sull’autonomia col governo. “Gli chiederò se è disposto a fare una battaglia comune”, spiega, non senza risparmiarsi una frecciata: “Partirei chiedendo al governo che la Lombardia abbia lo stesso trattamento dell’Emilia Romagna sul residuo fiscale, si tratta di 23 miliardi di euro solo per essere trattati come loro”.
Poi il governatore del Carroccio si toglie un altro sassolino dalla scarpa: “Nonostante i gufi, abbiamo superato e di molto la soglia che io mi ero dato. In molti comuni, per esempio quello del ministro Martina, abbiamo superato il 50% di affluenza”. Il Pd sul referendum è andato in ordine sparso, e Maroni non si lascia sfuggire l’occasione di approfittarne: “Nella delegazione con cui andrò a trattare col governo mi piacerebbe ci fossero anche i sindaci del Pd per il sì, come Giorgio Gori. Avere dalla nostra parte sindaci del Pd nel trattare con un governo di centrosinistra penso sia utile”. Quanto a Sala, “con lui ho un ottimo rapporto, ma non è andato a votare, è difficile che sia nella squadra”.
Gli hacker – Che la situazione tecnica sia stata abbastanza complessa lo dimostrano le parole di Zaia, quando, a tre quarti d’ora dalla chiusura dei seggi il dato dell’affluenza (59,5%) è fermo a 317 seggi :
“So che non è facile stare qui in attesa. Avrei preferito uscire con un dato definitivo. Abbiamo tre livelli di sicurezza, gli hacker ne hanno superati due. In questo momento siamo un po’ bloccati, telefoniamo ad ogni comune. I dati definitivi immagino li avremmo nel giro di qualche ora”. Insomma, la macchina referendaria tra le due regioni che sono fra le più avanzate del Paese non ha dato una prova fantastica: meglio il Veneto che, almeno, una parte dei numeri sull’affluenza, male la Lombardia che ci ha messo più di un’ora per dare l’affluenza delle 19 e mostra gravi ritardi anche sul dato definitivo. Dappertutto, comunque, è iniziato lo scrutinio ed è facile prevedere che sarà un plebiscito per il “sì”. Zaia ha anche spiegato che nelle scorse ore “in giunta abbiamo avuto i pc che si sono bloccati e non riuscivamo più a spedire o a ricevere email. Un quarto d’ora fa abbiamo avuto un attacco più grave – ha aggiunto – sono riusciti a bloccarci la nuvola, ma comunque abbiamo le schede. Ci metteremo un po’ più di tempo ma abbiamo sempre avuto il piamo B e anche il piano C”