“Io sono nato rottamatore e sto dalla parte dei cittadini”. La vicenda Bankitalia sta di fatto oscurando il “tentativo di riposizionamento” lontano dal “chiacchiericcio romano” studiato a tavolino ai piani alti del Nazareno, ma Matteo Renzi non intende arrendersi e utilizza “l’inspiegabile putiferio” nato attorno alla mozione dem su palazzo Koch per tornare alle origini.
Il segretario Pd continua a chiedere “rispetto” per la posizione espressa in Parlamento e non intende ‘levare le castagne dal fuoco’ a Gentiloni. “Il Governo non era semplicemente informato: era d’accordo. Tutti sapevano” della mozione, dice. Nessun agguato teso al premier con la complicità di Maria Elena Boschi, quindi, come pure ipotizzato da alcuni rumors in Transatlantico.
Anche se il ‘giallo’ rimane. Il primo membro dell’esecutivo ad essere informato, anche nella ricostruzione fatta da Renzi, è – per competenza – il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta che informa palazzo Chigi. A quel punto sono Gentiloni e Boschi, verso la quale – viene riferito – rimane la “piena fiducia” del presidente del Consiglio a chiamare la ministra per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro. La telefonata, “concitata” raccontano, avviene mentre è in corso la capigruppo del Senato sulla legge elettorale.
Finocchiaro si sposta alla Camera e concorda con Ettore Rosato le modifiche da apportare al testo, la parola “discontinuità” sparisce dal dispositivo e il Governo dà il via libera per l’aula. Adesso per quel che riguarda il futuro del governatore della Banca d’Italia il gioco è in mano a Gentiloni. Le decisioni del presidente del Consiglio, assicura palazzo Chigi, saranno basate sulle prerogative a lui attribuite dalla legge ed ispirate esclusivamente al criterio di salvaguardia dell’autonomia dell’Istituto. “Quello che deciderà Gentiloni avrà il mio pieno e totale supporto” ribadisce Renzi, per il quale un’eventuale riconferma di Ignazio Visco “non sarebbe comunque una sconfitta”.
Sulla vicenda interviene, da Bruxelles dove si trova per il vertice Ppe, anche Silvio Berlusconi. “Certamente la Banca d’Italia non ha svolto quel controllo che ci si attendeva. Non sono del tutto senza senso le richieste di un controllo su quello che si è verificato – ammette – ma in questo si può vedere anche quella volontà da parte della sinistra di occupare tutte le poltrone di potere: una volta lo facevano dopo le elezioni, adesso si stanno esercitando per farlo anche prima”, attacca.
Sulle barricate anche il M5S e Mdp. “Renzi vuole rifarsi una verginità fingendo la battaglia su Visco – attacca Luigi Di Maio – ma sappiamo bene che lui e la Boschi sono tra i principali responsabili di questo disastro bancario”. “È in corso l’eterno gioco tra guardie e ladri. Si vuole dare tutto addosso alle guardie per lasciare tranquilli i ladri”, twitta invece Pier Luigi Bersani. Renzi viene informato mentre è in visita in una scuola alberghiera a Pescara dell’affondo e ritwitta le parole di Matteo Orfini: “Comunque cari compagni, o fate la sinistra o fate i portavoce a prescindere del salotto buono. Che le due cose insieme funzionano poco”.
Per placare le polemiche il segretario Pd ricorda anche quanto accaduto in passato: “Qualcuno ha parlato di ingerenza – dice -, vada a vedere cosa disse Prodi nel 2005 o cosa chiedevano i leader dell’opposizione nel 2011, la politica discute ragiona”. Ma il professore non gradisce: “Vedo maldestri tentativi di ricercare precedenti alla improvvida mozione presentata dal Pd sul governatore della Banca d’Italia e che si propone un parallelismo con una mia presa di posizione del 2005 – risponde in una nota -. Il mio intervento di allora mirava ad accelerare la approvazione della Legge sul risparmio che conteneva il giusto passaggio della carica di Governatore da carica a vita a carica con una scadenza di mandato e che assegnava alla Consob il compito di vigilare sulla concorrenza anche nel sistema bancario. E’ del tutto evidente che parliamo di obiettivi e modalità completamente diversi”.